Guai a chi scandalizza!

"In quel tempo, 38 Giovanni disse a Gesù: ‘Maestro, abbiamo visto uno che scacciava i demòni nel tuo nome e glielo abbiamo vietato, perché non era dei nostri'. 39 Ma Gesù disse: ‘Non glielo proibite, perché non c'è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito dopo possa parlare male di me. 40 Chi non è contro di noi è per noi. 41 Chiunque vi darà da bere un bicchiere d'acqua nel mio nome perché siete di Cristo, vi dico in verità che non perderà la sua ricompensa. 42 Chi scandalizza uno di questi piccoli che credono, è meglio per lui che gli si metta una macina da asino al collo e venga gettato nel mare. 43 Se la tua mano ti scandalizza, tagliala: è meglio per te entrare nella vita monco, che con due mani andare nella Geenna, nel fuoco inestinguibile. 45 Se il tuo piede ti scandalizza, taglialo: è meglio per te entrare nella vita zoppo, che esser gettato con due piedi nella Geenna. 47 Se il tuo occhio ti scandalizza, cavalo: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, che essere gettato con due occhi nella Geenna, 48 dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue'" (Mc 9, 38-43.45.47-48).

Il Divino Maestro ci mostra come non si possa fare la minima concessione al male, poiché, per conquistare il Cielo, è necessario essere integri nella pratica del bene.

Mons. João Scognamiglio Clá Dias, EP

I - Immagine del Supremo Re e Celeste Pittore

Il magnifico Museo del Prado, a Madrid, accoglie quotidianamente migliaia di visitatori che percorrono le sue estese gallerie, desiderosi di ammirare l'incomparabile collezione dei capolavori dei maggiori artisti della Storia.

Molti anni fa, un uomo entrato là senza farsi notare in mezzo alla moltitudine fu portato via poco dopo, ammanettato, dalla polizia. O per squilibrio mentale, o per cattiveria, in un momento di disattenzione degli addetti del museo, egli aveva gettato un liquido nero sopra il famoso ritratto equestre dell'Imperatore Carlo V, dipinto da Tiziano. Il crimine scioccò l'opinione pubblica. Per un gesto stupido, quel celebre quadro rimase seriamente danneggiato.

Danneggiare l'opera del Pittore per eccellenza

Ora, se è grave rovinare un'opera d'arte di questo calibro, chi induce altri a peccare fa molto peggio: rovina non una pittura pregevole, ma un'anima spirituale e immortale dalla quale è espulsa la luce della grazia. E l'immagine così profanata non rappresenta un monarca di questa terra, ma il Supremo Re e Celeste Pittore che, autore di tutte le virtù distrutte dal peccato, viene così profondamente offeso.

Sulle serie conseguenze di ogni atto umano ci ammonirà il Divino Redentore in questo Vangelo della 26ª Domenica del Tempo Ordinario.

II - La preoccupazione per i beni soprannaturali

Il passo del Vangelo considerato in questa liturgia è preceduto da un ammonimento di Nostro Signore agli Apostoli, sull'orgoglio. Il Maestro, sapendo per sua conoscenza divina, che sulla via per Cafarnao avevano discusso su chi di loro fosse il migliore, insegnò loro, al contrario, a considerarsi ognuno inferiore agli altri: "Se uno vuol essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servo di tutti" (Mc 9, 35). Per quesllo, è indispensabile tener sempre presente il quadro delle proprie miserie ed evitare i paragoni con gli altri.

Subito dopo San Marco racconta l'episodio raccolto nella liturgia di questa domenica, nel quale l'Apostolo Giovanni dimostra di non aver compreso molto bene questo insegnamento di Nostro Signore, poiché manifesterà, come vedremo, gelosia per i doni soprannaturali percepiti in altri.

Per rettificare questo errato modo di vedere, Nostro Signore darà tre lezioni. La prima, sull'assurdità delle suddette gelosie; la seconda, sulla gravità di scandalizzare i piccoli; e, infine, sullo scandalo in relazione alla propria coscienza.

Gelosie soprannaturali...

"In quel tempo, 38 Giovanni disse a Gesù: ‘Maestro, abbiamo visto uno che scacciava i demòni nel tuo nome e glielo abbiamo vietato, perché non era dei nostri'".

San Giovanni e San Giacomo erano chiamati "figli del tuono" (Mc 3, 17), "per la fermezza e grandezza della loro Fede",1 come indica San Girolamo, e anche per il loro temperamento collerico. Ricordiamo come, ad un certo momento, essi abbiano voluto far scendere fuoco dal cielo su una città della Samaria... (cfr. Lc 9, 52- 54). Più tardi, entrambi sono cambiati così tanto, per l'azione dello Spirito Santo, che lo stesso San Giovanni, nella sua prima epistola, si rivolge ai suoi discepoli con l'appellativo "figlioli". Ecco un esempio dell'incalcolabile potere di trasformazione della grazia.

In quest'episodio, però, egli ancora considerava la cerchia intima del Maestro l'unica detentrice del monopolio della virtù, del ministero e della capacità di fare il bene, escludendo chiunque altro. È un'idea questa di gruppo chiuso, molto comune nella mentalità farisaica. Da qui la gelosia vedendo uno che "non ci segue", operare fenomeni soprannaturali in nome di Gesù.

Gli Apostoli erano molto inclini ad analizzare tutte le cose, persino le soprannaturali, al di fuori di una prospettiva eterna. In questo caso, volevano, in fondo, applicare a favore del loro egoismo i principi religiosi che muovevano la loro anima. Quando così si procede, subito si manifesta la miseria umana attraverso la gelosia, l'invidia e la difficoltà di accettare gli insegnamenti del superiore.
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